Nuovo condono edilizio 2024: modifica della destinazione d'uso dell'immobile con una semplice dichiarazione al Comune
Scopriamo insieme le semplificazioni introdotte dal decreto Salva casa. Il "cambio di destinazione d'uso" di un immobile si riferisce alla trasformazione di una struttura da una specifica destinazione funzionale - residenziale, commerciale, produttiva o altro ad un'altra.
La complessità di questo istituto, spesso al centro di controversie come dimostra il gran numero di sentenze in materia, è legata principalmente a ragioni economiche. È essenziale considerare che la classificazione di un immobile in una determinata categoria funzionale può comportare notevoli differenze negli oneri di urbanizzazione, che sono generalmente correlati proprio alle suddette destinazioni funzionali (cfr. art. 16 del D.P.R. n. 380/2001). Ad esempio, costruire un immobile destinandolo all'uso commerciale può risultare molto più costoso, a parità di cubatura e superficie, rispetto a una destinazione residenziale.
Qual è la norma di riferimento?
La normativa di riferimento si trova nell’art. 23 ter del D.P.R. n. 380/2001, recentemente modificato dal D.L. n. 69/2024 (il cosiddetto decreto "Salva casa"), convertito dalla L. n. 105/2024. Questo articolo definisce cinque "categorie funzionali" - residenziale, turistico-ricettiva, produttiva-direzionale, commerciale e rurale - e stabilisce che il cambio di destinazione d'uso (con o senza opere edilizie) di una singola unità immobiliare è sempre consentito all'interno della stessa categoria funzionale, nel rispetto delle normative di settore, fermo restando che gli strumenti urbanistici comunali possono prevedere condizioni specifiche. All'interno della stessa categoria, infatti, le destinazioni d'uso sono considerate urbanisticamente omogenee, poiché producono carichi urbanistici sostanzialmente equivalenti.
Il cambio di destinazione tra diverse categorie funzionali è sempre permesso per le unità situate in edifici nelle seguenti zone: A (centro storico), B (aree totalmente o parzialmente edificate diverse dai centri storici) o C (zone destinate a nuovi complessi insediativi) di cui all’art. 2 del D.M. 1444/1968. Anche in questo caso, nel rispetto delle normative di settore e con la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni. Il legislatore specifica che il cambio di destinazione d'uso di un immobile o di una singola unità immobiliare si considera "senza opere" se non comporta l'esecuzione di interventi edilizi o se le opere previste rientrano tra gli interventi di cui all'art. 6 del D.P.R. 380/2001.
Cosa dice la giurisprudenza in materia?
La giurisprudenza ha stabilito che per "destinazione d'uso" dell'immobile si deve intendere, ai sensi dell'art. 23-ter citato, quella risultante dai titoli giuridici o dalle registrazioni catastali, non avendo rilevanza l'uso concreto che si presume sia stato praticato sull'immobile. Infatti, la destinazione di un immobile non si identifica con l'uso concreto che ne fa chi lo utilizza (mutamento d'uso di fatto), ma con quella indicata nel titolo abilitativo. L'uso di fatto, anche se protratto nel tempo, non è comunque idoneo a consolidare situazioni o a modificare la qualificazione giuridica dell'immobile. In altre parole, la destinazione d'uso giuridicamente rilevante di un immobile è unicamente quella prevista da atti amministrativi pubblici, di natura urbanistica o catastale (cfr. Tar Campania-Napoli 26 gennaio 2022, n. 513).
In riferimento ai titoli giuridici abilitativi, si segnala che, ai sensi del novellato art. 23-ter del D.P.R. n. 380/2001, comma 1-quinquies, è previsto che:
- il cambio di destinazione d’uso di una singola unità immobiliare all’interno della stessa categoria funzionale è sempre soggetto a SCIA (cfr. art. 19 L. 241/1990);
- il cambio di destinazione d’uso tra diverse categorie funzionali richiede il titolo necessario per l'esecuzione delle opere necessarie al mutamento, ma se le opere sono soggette a CILA (cfr. art. 6 bis D.P.R. 380/2001), si applica comunque la SCIA.
Infine, è prevista una disciplina specifica per il cambio di destinazione d’uso delle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate. L’art. 23-ter prevede infatti che il cambio di destinazione d’uso (non solo per le unità immobiliari al primo piano fuori terra, ma anche per quelle seminterrate) sia regolamentato dalla legislazione regionale, la quale definisce i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone in cui le disposizioni di cui ai commi 1-ter, 1-quater e 1-quinquies si applicano anche a tali unità immobiliari.
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